L’estate 2019 dell’emisfero Nord del pianeta sta entrando nella sua fase più calda. Già dagli ultimi giorni di giugno sono state registrate temperature massime di 40 gradi centigradi in molte regioni d’Italia. E mentre chi può scappa verso le spiagge o la montagna, chi rimane in città si appresta a vivere una delle ondate di calore più forti dal 2003 a questa parte.
Quale miglior momento allora per riprendere in mano un libretto del 2012, mai uscito in Italia, dal titolo “The City and the Coming Climate. Climate Change in the Places We Live” (Cambridge University Press) del Prof. Brian Stone Jr?
Il libro si articola su cinque capitoli più un prologo e un post scriptum. Il prologo, intitolato “La Canicule” ci rimanda appunto alle ondate di calore sofferte in Europa nel 2003, lasciandoci il dato stimato di 70.000 morti come conseguenza del caldo estremo. Sì, avete letto bene. Settantamila morti. Brian Stone nel prologo ci dice anche che, a causa forse della poca spettacolarità dell’ondata di calore rispetto ad altri disastri climatologici (bombe d’acqua, tormente e via dicendo), nessun libro sia stato pubblicato su questa tragedia, contro almeno 200 libri pubblicati per esempio sull’uragano Katrina, responsabile di “solamente” 1.800 morti negli Stati Uniti.
Nel primo capitolo, “The Keeling’s Curve” il Professor Stone ci spiega la storia delle misurazioni della concentrazione dei gas di effetto serra e la genesi degli scenari futuri dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), mentre nel secondo, “The Climate Barrier”, ci presenta gli scambi energetici che avvengono sulla superficie della Terra, mettendo in risalto l’effetto del cambio di uso dei terreni sul bilancio di energia radiante tanto di onda corta come di onda larga tra la superficie e l’atmosfera. La riduzione dei processi evaporativi dovuti alla vegetazione e l’aumento percentuale di energia solare assorbita dai materiali di costruzione sono alla base della generazione di specifici climi urbani, differenti dai macroclimi regionali che caratterizzano l’ubicazione delle città.
Il terzo capitolo, “Islands of Heat” è quello che ci spalanca le porte dell’inferno: le città possono raggiungere anche temperature una decina di gradi superiori rispetto al circondario (si può consultare al rispetto la vasta letteratura scientifica disponibile, che indica che l’intensità attuale del fenomeno è compresa tra 2 e 10 gradi secondo la città in oggetto[1]). E non è tutto. Le previsioni dell’IPCC, su cui si basano gli accordi internazionali per la riduzione delle concentrazioni dei gas di effetto serra, escludono di fatto l’effetto urbano quando suggeriscono tra i 2 e i 6 gradi in più verso la fine del secolo. In realtà, nei posti dove noi viviamo, potremmo sperimentare nel prossimo futuro l’insostenibile situazione di un aumento di 15-20 gradi centigradi, causato dall’effetto combinato di isola di calore e riscaldamento globale.
Il quarto ed il quinto capitolo del libro, “The Green Factor” e “Leveraging Canopy for Carbon” si concentrano sulle possibili soluzioni al problema del riscaldamento locale oltre che a quello del riscaldamento globale. Infatti un eventuale cambiamento di tipologie di combustibili (la transizione ad energie rinnovabili tradizionali e non tradizionali, o anche l’uso di energia nucleare) non permetterà di ridurre l’effetto di dissipazione del calore, che è una caratteristica insita nella struttura economica della nostra società: per avere la tanto desiderata crescita, bisogna incrementare l’uso di energia finale per produrre sempre più beni da consumare. L’efficienza energetica nei processi trasformativi non è nemmeno la risposta giusta, perché l’unico effetto che avrà nello scenario buisness as usual sarà quello di aumentare i consumi ed i profitti marginali ad essi associati. Quindi, se il riscaldamento globale potrebbe anche essere contenuto nel futuro (con la transizione energetica), quello locale invece no.
Per evitarlo, sarà necessario anche considerare l’uso di strategie di pianificazione della città che incorporino per esempio il verde, non certo come mero concetto estetico ma guardando ad una compiuta funzione paesaggistica legata alla fornitura di servizi eco-sistemici. Per questo, si dovrà operare a molteplici scale, adottando una prospettiva che Federico Butera ha chiamato “il macroscopio”, cioè la capacità di analizzare cause ed effetti nei salti di scala, per esempio, dalla città al quartiere, dal quartiere all’edificio e viceversa. I servizi ecosistemici dovrebbero essere in qualche modo “frattali”, avere cioè effetti su tutte le scale dell’intervento previsto. In termini pratici, rispetto al verde, bisogna incorporare grandi parchi urbani, ma anche corridoi verdi a scala di quartiere, e possibilmente provvedere anche i singoli edifici di tutti i benefici apportati dagli alberi. Il principio frattale, tra l’altro, può e deve essere esteso anche ad altri problemi di pianificazione, come la distribuzione di servizi da provvedere ai cittadini (ambulatori, uffici pubblici vari, negozi di alimentari) ed anche de-localizzazione di posti di lavoro per evitare spostamenti innecessari a loro volta generatori di calore ed emissioni.
Secondo Stone, per concludere, sarà fondamentale intraprendere almeno le azioni seguenti: 1) ridefinire il concetto di cambiamento climatico per includere i cambi di uso del suolo e i processi di urbanizzazione; 2) adottare scenari regionali piuttosto che globali nelle previsioni; 3) stabilire regimi di protezione e di aumento delle foreste tra le nazioni firmanti gli accordi internazionali; 4) dare priorità a soluzioni di mitigazione che siano anche soluzioni di adattamento. L’autore non si spinge più in là, ma io aggiungerei che la decrescita o almeno la stazionarietà economica deve essere compresa tra le strategie necessarie per il raggiungimento del fine ultimo, mantenere le città come luoghi vivibili per i nostri figli e nipoti.
Nel frattempo, prepariamoci almeno per l’estate 2019. Consigli per chi resta in città: bere molta acqua, ridurre l’uso di apparecchi elettronici ed elettrodomestici, ventilare gli appartamenti di notte ed usare l’aria condizionata solo se davvero necessario. Per tutti quanti: leggere un buon libro (magari proprio quello di Brian Stone Jr) e riflettere se l’attuale stile di vita dell’ homo œconomicus sia davvero ciò che desideriamo.