I tragici eventi spagnoli di questi giorni rimettono in evidenza le drammatiche conseguenze del cambiamento climatico. Inondazioni, incendi, siccità, ondate di calore, tifoni e uragani sono ormai all’ordine del giorno; ciò non ostante, il negazionismo climatico continua a resistere nei luoghi comuni: “è sempre stato così” oppure “dopo le piogge continuano a parlare di siccità” e chi più ne ha più ne metta: basta scorrere i commenti di moltissimi utenti di internet sotto ai post di denuncia climatica che possiamo trovare su ogni social media.

Eppure, se vogliamo, il concetto di “circolarità ecologica”, occulto nell’affermazione “è sempre stato così”, nasconde forse qualcosa di utile per lo sviluppo di una coscienza climatica collettiva. Vediamo di far due passi nel passato e cerchiamo di capire perché la circolarità dialettica dei processi ecologici possa essere la chiave per una nuova concezione del mondo, più adatta alle contingenze attuali e certamente più carica di speranza. Sì, perché la mancanza di speranza, nella visione catastrofista e apocalittica offerta da certi media è una delle ragioni principali che spingono molti a sposare piuttosto l’idea lineare delle sorti “magnifiche e progressive” dell’umanità (già derisa da Giacomo Leopardi quasi due secoli fa, ma purtroppo durissima a morire proprio per il messaggio di ottimismo e crescita che trasmette).

Fin da tempi molto antichi, la presenza di minacciose figure sullo sfondo (divinità, ombre, forze spirituali trascendenti) era normale per l’umanità. Queste figure archetipiche hanno svolto per secoli funzioni di ammonimento e avvertenza, arrivando addirittura, secondo alcuni, a governare il nostro inconscio o almeno a rappresentare la narrativa attraverso la quale esso può venir fuori. Ecco quindi per esempio Gaia, la madre terra, figlia del tempo e generatrice degli dèi. Nella versione moderna [1], l’archetipo viene a simboleggiare le funzioni di autoregolazione e sinergia tra tutti i componenti un ecosistema complesso: il pianeta Terra (o pianeta Acqua, secondo alcune innovative e interessanti proposte [2]). Gaia, a seconda delle interpretazioni, potrebbe essere molto pericolosa per noi umani, arrivando anche ad eliminarci, autoregolandosi [3] [4]); oppure potrebbe essere qualcosa di sublime, perché sarà sempre con noi in risonanza, pur nella tragedia [5].

Psiche, d’altro canto, la fanciulla umana bella come la dea Venere, dovette superare terribili prove per ottenere l’immortalità. Dentro di noi, tanto come individui che come specie, si agita molto fortemente questo desiderio; eppure la manifesta impossibilità di realizzarlo gioca un ruolo parimenti importante nel mettere in crisi il nostro ego e aprire il cammino al “sé”, obbligandoci ad attraversare la “selva oscura” di dantesca memoria e a ritrovare il cammino che porta all’accettazione della dolorosa condizione umana. La scuola psicanalitica junghiana contemporanea [6] stabilisce un parallelismo tra la regolazione ecosistemica della Terra ed il superamento della frequente crisi psichica che investe le persone di mezz’età. In modo molto interessante, il grafico che rappresenta il passaggio tra età dell’ego ed età del sé (figura A) richiama fortemente la visualizzazione dei concetti dialettici delle teorie dell’informazione [7] e dell’auto-organizzazione dei sistemi complessi [8] (figura B); ed anche quelli della termodinamica (figura C) di non equilibrio [9] [10].

Figura A: interpretazione ecologica junghiana della relazione tra psiche e natura. Nella fase della crescita, si definisce l’ego e si produce la separazione dalla natura. Poi, arrivati alla mezza età, si presenta la crisi che può provocare la reazioni di negazione della nostalgia, dell’hubris (eccessiva fiducia nel progresso) e dell’inerzia. Nella fase della maturità, persone e società sane debbono invece realizzare il sé e quindi, riconciliarsi con la natura. Elaborazione propria a partire da Fellows.

Figura B: evoluzione di un sistema complesso a seconda della sua capacità di ricevere informazione pragmatica (o utile). Un sistema complesso ha bisogno di ricevere messaggi che apportino tanto novità come conferma, per poter evolvere ed allo stesso tempo mantenere stabilità grazie ad un certo grado di ridondanza. Quando la conferma eccede la novità, il sistema esce dalla zona di equilibrio e lascia spazio ad un nuova configurazione che riesce a riconoscere nuovi messaggi. Elaborazione propria a partire da Jantsch.

Figura C: la termodinamica lontana dall’equilibrio determina una zona di “stabilità strutturale” [11] per ogni sistema complesso. Questa zona di pseudo equilibrio dipende da un corretto bilancio di efficienza e diversità. Un sistema vivo evolve assecondando la dipendenza dalle risorse esterne: quando queste scarseggiano, l’efficienza viene privilegiata, fino a quando lo sfruttamento intensivo delle risorse conduce il sistema al collasso e quindi a una riconfigurazione con nuova diversità metabolica.

Se cominciamo a pensare in questi termini circolari, è logico volare immediatamente con il pensiero agli scritti romantici di Spengler [12] e Nietzsche [13], tanto disprezzati dai pensatori positivisti del XXI secolo. Nietzsche, in particolare, afferma ne “La gaia scienza” che la nostra condizione è legata a doppio filo con la natura: non siamo totalmente padroni del nostro destino e dobbiamo imparare ad accettare che il fato dipenderà anche da molte altre sinergie e da effetti apparentemente casuali nell’evoluzione caotica del mondo (amor fati). Attenzione però a non scambiare questa affermazione con una assoluzione a priori da qualsiasi azione che modifichi o sconvolga l’ecosistema. Dobbiamo essere consapevoli che, sebbene non soli, siamo comunque tremendamente importanti, visto il peso specifico del nostro metabolismo all’interno del funzionamento del sistema intero.

L’umanità sembra, in ogni caso, aver raggiunto la mezz’età. La crisi identitaria che ne deriva ci dovrà portare all’interiorizzazione profonda della nostra condizione, rifiutando la nostalgia, la fede sconfinata nel progresso e – soprattutto – la comodissima inerzia del non cambiar nulla come vie di fuga che ci consentano di evadere dalla responsabilità delle nostre scelte.

Se, in più, incominciassimo a capire che le sinergie ecosistemiche ci superano, potremmo forse ripensare il concetto di transumanismo: non si tratterebbe più solamente di cercare di creare intelligenze artificiali che ci aiutino a gestire dati e riconoscere patterns  (o che eventualmente ci superino e sostituiscano come nostri eredi in un prossimo futuro – e qui l’intelligenza corre il rischi di convertirsi in arrogante delirio); piuttosto si tratterebbe di comprendere che abbiamo il dovere di assumere una visione che attribuisca a tutte le specie gli stessi diritti o addirittura di trasformare le nostre visioni del futuro a una scala transumana, cioè multi specie, generando empatie nuove, con gli animali, i vegetali e gli altri regni della vita, e financo con gli innumerevoli minerali del pianeta. In questo senso, gli scritti di Donna Haraway [14] [15] risultano illuminanti: i nostri futuri si progettano oggi, ma si realizzeranno un indomani, attraverso la sintesi di molte micro-azioni, quelle umane ma anche quelle dovute a farfalle, polipi, calamari, funghi, batteri e via dicendo.

Per concludere, abbiamo la necessità ed il dovere di agire ora. Anzi, ora è già troppo tardi. Le oscillazioni del sistema continueranno purtroppo a causare tragedie come quella di Valencia per un pezzo. Ma, forti della consapevolezza di essere immersi nell’eterno gioco di Gaia e Psiche, potremo finalmente armarci di amor fati e con esso disegnare nuovi, speranzosi futuri per tutti i diversi esseri del mondo a venire, per molti secoli ancora.

Riferimenti bibliografici

[1] Lovelock, J. (1979). Gaia. A New Look at Life on Earth. Oxford University Press

[2] Rifkin, J. (2024). Pianeta Acqua. Ripensare la nostra casa nell’universo. Mondadori

[3] Lovelock, J. (2006). The revenge of Gaia. Penguin Press

[4] Latour, B. (2017). Facing Gaia. Eight Lectures on the New Climatic Regime. Polity Press

[5] Stengers, I. (2021). Nel tempo delle catastrofi. Resistere alla barbarie a venire. Rosenberg and Selier

[6] Fellows, A. (2019). Gaia, Psyche and Deep Ecology. Navigating Climate Change in the Anthropocene. Rutledge

[7] Haken, H. (1988). Information and self-organization. Springer-Verlag

[8] Jantsch, E. (1980). The self-organizing universe. Pergamon Press

[9] Labanca, N. (2017). Energy and complex systems dynamics. In: Complex systems and social practices in energy transition. Springer Nature

[10] Butera, F., Palme, M. (2021). The City as a Complex Thermodynamic System. In: Urban Microclimate Modelling for Comfort and Energy Studies. Springer Nature.

[11] Spengler, O. (1922). Il tramonto dell’Occidente. Lineamenti di una morfologia della storia mondiale. Prim. Ed. It. Longanesi 1957

[12] Nietzsche, F. (1822). La Gaia scienza. Prim. Ed. It. Monanni 1927

[13] Kauffman, S. (1993). The origins of order: Self Organization and Selection in Evolution. Oxford University Press

[14] Haraway, D. (2007). When species meet. Un. Minnesota Press [15] Haraway, D. (2016). Staying with the trouble. Duke University Press