“… come hanno detto grandi scienziati e
come sanno tutti i bambini,
è soprattutto attraverso l’immaginazione
che conquistiamo la percezione, e la pietà, e la speranza“
Ursula K. Le Guin
Il 28 Luglio segna una data importante: in questo giorno gli abitanti del pianeta hanno già consumato le risorse che gli ecosistemi rigenerano in un anno. Se le risorse necessarie per arrivare a fine anno sono già finite a Luglio, da dove verranno prese quelle per i prossimi mesi? Dalle future generazioni. I livelli di consumi delle società termo-industriali, basate principalmente su combustibili fossili, sono incompatibili con i limiti del pianeta (GFN, 2022).
Eppure ormai da tanti anni il mondo scientifico ha fornito molti allarmi.
Un po’ di storia
Nel 1962 Rachel Carson scrive “Primavera Silenziosa“, dove per la prima volta vengono spiegati gli effetti dei pesticidi sulla biosfera: ” … (gli) effetti si risentono attraverso la catena alimentare, e ciò che era inteso per avvelenare un insetto finisce per avvelenare altri animali e uomini” (Carson, 1962). Una pietra miliare dell’ambientalismo scientifico: la capacità di fare connessioni tra le attività umane e il degrado ecologico.
Nel 1972 Donella Meadows (insieme a William Behrens, Jay Forrester, Dennis Meadows e Jorgen Randers) scrive “I limiti dello sviluppo” il rapporto del Club di Roma dove dimostra che una crescita infinita è impossibile su un pianeta finito (Meadows e al., 1972). Un campanello di allarme (cinquanta anni fa) dove, addirittura con simulazioni effettuate sui computer del MIT, viene dimostrata in modo incontrovertibile l’insostenibilià dei livelli di consumo e degli stili di vita del Nord del pianeta.
Nel 1987 la norvegese Gro Brundtland scrive “Il nostro futuro comune” dove viene coniato il termine “sviluppo sostenibile”: uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri (Brundtland, 1987).
Nel frattempo le emissioni di gas serra continuano ad accumularsi nell’atmosfera e nel 1988 viene costituito dall’ONU il IPCC (Intergovernmental Panel On Climate Change, Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico) che raccoglie migliaia di scienziati di tutte le nazioni che, su base volontaria, lavorano per valutare “… le informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche rilevanti per comprendere i rischi dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo, i potenziali impatti e le opzioni di adattamento e mitigazione” (IPCC, 2022). Da allora il gruppo ha prodotto ben sei rapporti (1990, 1995, 2001, 2007, 2014, 2022) progressivamente il messaggio è sempre più chiaro e drammatico: il cambiamento climatico causato dalle attività umane modificherà profondamente la vita sulla Terra, le sfide sistemiche sono connesse con le attività economiche, industriali e con gli stili di vita.
Nell’ultimo rapporto i punti principali si possono sintetizzare:
1. il cambiamento climatico è già qui
(l’aumento delle temperature globali innesca già cambiamenti irreversibili, troppo veloci rispetto alla capacità di adattamendo degli ecosistemi, degli animali e delle piante);
2. non stiamo facendo abbastanza
(non si intravedono misure per contenere l’aumento di temperatura entro i 2 gradi entro il 2050 e milioni di persone dovranno affrontare inondazioni lungo le coste; aumenteranno le diseguaglianze e la povertà estrema, le ondate di caldo intollerabili, i cicloni, gli incendi e la siccità);
3. attenzione ai tipping points (i punti di non ritorno climatici)
(rischio di innescare impatti multipli e a cascata, un domino che destabilizza catene di ecosistemi; esempi: lo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia e in Antartide, la deforestazione dell’Amazzonia, lo scioglimento del permafrost in Siberia);
4. serve un cambiamento radicale e trasformativo
(evitare gli scenari peggiori e prepararsi a quelli ormai inevitabili, conservare e ripristinare gli ecosistemi, ridurre i consumi e evitare l’uso di fonti fossili, orientare verso diete a base vegetale, avviare un cambiamento trasformativo su processi e comportamenti a tutti i livelli: individuo, comunità, imprese, istituzioni e governi, “dobbiamo ridefinire il nostro modo di vivere e di consumare“) (IPCC, 2022).
In tutto il mondo le giovani generazioni si mobilitano per sensibilizzare l’opinione pubblica e i governi sulla necessità di affrontare l’emergenza climatica, che ormai deve essere il primo punto di qualsiasi agenda politica. Una immagine simbolica: il 13 Dicembre 2019 migliaia di giovani manifestano a Torino insieme alla attivista svedese Greta Thunberg che ha lanciato nel 2018 i primi Skolstrejk för klimatet (Scioperi della scuola per il clima).
Nel Settembre 2021 oltre diecimila scienziati di tutto il mondo firmano un appello per affrontare l’emergenza climatica, descrivendo i molteplici segnali di allarme: aumento della CO2 in atmosfera, aumento delle temperature, deforestazione, aumento del livello dei mari, diminuzione della massa di ghiaccio dell’Antartide, ritiro dei ghiacciai. Nonostante questo i consumi di petrolio carbone e gas continuano ad aumentare (Ripple e al., 2021).
Che fare?
Bisogna “ridefinire il nostro modo di vivere e consumare” come raccomanda l’ultimo rapporto dell’IPCC e diventa urgente sviluppare una nuova visione del futuro. Solo con una chiara visione sistemica si riusciranno a definire i progetti e le infrastrutture necessarie, che influenzeranno i comportamenti, gli stili di vita e le abitudini quotidiane. Se il primo allarme de “i limiti dello sviluppo” (1972) non è servito, se il concetto di “sviluppo sostenibile” (1987) è risultato insufficiente, la visione di uno “stato stazionario globale” è quella più promettente. Bisogna abbandonare le narrazioni basate sugli esponenziali, nessuna grandezza può crescere esponenzialmente su un pianeta finito, possono esistere solo dei cicli, delle zone dove le grandezze in gioco possono variare ma entro certi limiti. Ad esempio in un piano a due dimensioni la traiettoria circolare mostra la variazione periodica di due grandezze. In uno spazio a tre dimensioni le traiettorie di tre grandezze restano contenute in una “ciambella” (dooghnut). Sono modelli usati per visualizzare grandezze che devono essere mantenute entro limiti sostenibili dal pianeta (cambiamento climatico, consumo dei suoli, dell’acqua, biodiversità, inquinamento dell’aria, acidificazione degli oceani, inquinamento chimico, etc.) (Raworth, 2017). Una immagine suggestiva dello stato stazionario globale è stata sviluppata da alcuni fisici italiani dove le traiettorie delle variabili più importanti (es. economia e consumo di energia, complessità e CO2) stanno entro una vera ciambella (come un salvagente) nel loro moto “quasi periodico” (Scalia, Mattioli e al., 2020).
Ovviamente “tutto è connesso con tutto“, quindi emerge la sfida della complessità. Bisogna individuare le relazioni con i sistemi politici, economici e sociali, per riuscire a delineare scenari basati sulla riduzione dei consumi e degli sprechi, l’efficienza nell’uso delle risorse e dell’energia, l’economia circolare, le energie rinnovabili: per governare la transizione ecologica bisogna affrontare la complessità (Butera, 2021).
Lo stato stazionario globale è, come sempre nella scienza, basato sui lavori di grandi del passato (“sulle spalle dei giganti” diceva Newton) che hanno indagato le condizioni per la sopravvivenza su un pianeta finito. Vanno sicuramente ricordati: Boulding (1966), Georgescu-Rogen (1971), Daly (1973) e la grande scienziata Elinor Ostrom (1990).
Una volta che la visione è delineata, allora ogni comunità dovrà attivarsi per definire progetti locali come
1. piano del cibo a filiera corta
(ridurre i consumi di carne; assumere le proteine dei legumi secchi e della frutta a guscio; mangiare frutta e verdura di stagione; sostenere l’agricoltura biologica; incentivare la filera corta e le produzioni locali; piantare alberi!);
2. piano energetico locale (obiettivo: costruire una “comunità energetica”)
(ridurre i consumi di energia a partire da luci e riscaldamento; produrre, scambiare e accumulare energia rinnovabile localmente; produrre energia rinnovabile in ogni casa, quartiere, edificio, scuola; abbandonare l’energia da fonti fossili);
3. piano della mobilità urbana (obiettivo: ridurre il numero di auto in circolazione)
(informare sugli impatti del traffico su salute e ambiente; disincentivare l’uso dell’auto privata; incentivare gli spostamenti “slow”, a piedi, in bici; incentivare l’uso di mezzi pubblici, car-sharing, mezzi elettrici, colonnine di ricarica mezzi elettrici; migliorare gli orari della città, i servizi di prossimità, le consegne a domicilio, la mobilità condivisa, l’intermodalità);
4. piano dei rifiuti (obiettivo: rifiuti zero)
(incentivare l’economia circolare; ridurre, riusare, riparare, riciclare i rifiuti; incentivare le ricariche ecocompatibili e i prodotti senza plastica; fare acquisti con attenzione al pianeta, domandandosi “da dove viene? quanto consuma? è riparabile? è riciclabile? dove va a finire?“; informare sugli inquinanti rilasciati nel mare dai prodotti per la pulizia personale e della casa);
5. piano digitale (obiettivo: accesso universale)
(affrontare il divario digitale, fornire connettività e banda larga; educare all’uso consapevole del digitale; incentivare un’informatica centrata sull’umano, a basso impatto ambientale, attenta alle condizioni di lavoro lungo tutta la filiera).
Il digitale rappresenta ormai una dimensione ineludibile del cambiamento climatico: la materia e l’energia necessarie per produrre tutti i dispositivi, per alimentarli e per gestire i rifiuti elettronici richiedono un’attenza valutazione ambientale sempre più urgente. Spedire una lettera cartacea genera 29 grammi di CO2 mentre spedire una mail soltanto 4 grammi di CO2. Ma è anche vero che ogni anno spediamo 400 miliardi di mail! E la maggior parte (60%) sono mail “spazzatura”. Inoltre il digitale inizia a diventare anche una barriera verso lo sviluppo di un pensiero a lungo termine: “ci intrappola in un mondo di ‘pensatori a breve termine’ che vendono ininterrottamente desideri superficiali” (Acanfora, 2022).
Conclusioni
La visione sistemica necessaria per affrontare il cambiamento climatico parte dalla riduzione dei consumi, dalla revisione degli stili di vita e dalle strategie messe in campo da governi e imprese.
Questo non deve essere uno sforzo “puritano”, punitivo, che rimanda la gratificazione a un futuro remoto, deve accompagnarsi con la gioia della vita stessa, della bellezza, del piacere. Come ha detto Carlo Petrini al Climate Social Camp 2022 di Torino: “la riduzione dei consumi (di carne, fossili, acqua, …) è una questione politica, un processo di liberazione dal consumismo… non cambieremo il mondo con il magone ma con la gioia“. Ricorda le parole di Alexander Langer: “La conversione ecologica potrà affermarsi solo se apparirà socialmente desiderabile” (Langer, 1996). Infatti Langer criticava il famoso motto olimpico “citius, altius, fortius” (più veloce, più alto, più forte), proponendo in alternativa “lentius, profundius, suavius” (più lento, più profondo, più dolce), una prospettiva necessaria per un’etica del futuro, basata sulla qualità e quantità delle relazioni e rispettosa dei limiti del pianeta. Un’abbondanza frugale: abbondante nelle relazioni e frugale nei consumi.
Riferimenti
– Acanfora, M. (2022). Ecologia Digitale, Altreconomia.
– Boulding, K.E. (1966). The Economics of the Coming Spaceship Earth. Johns Hopkins University Press.
– Brundtland, G.H. (1987). Our common future, Report of the World Commission on Environment and Development, UN Nations.
– Butera, F.M. (2021). Affrontare la complessità, Edizioni Ambiente.
– Carson, R. (1962). Silent Spring, Houghton Mifflin (trad.it. Primavera Silenziosa. Feltrinelli).
– Daly, H.E. (1973). Toward a Steady-state Economy. Freeman.
– Georgescu-Rӧgen, N. (1971). The entropy law and the economic process. Harvard University Press.
– GFN (2022). Global Footprint Network, Advancing the Science of Sustainability. https://www.footprintnetwork.org/
– IPCC (2022). The Intergovernmental Panel on Climate Change. https://www.ipcc.ch/
– Langer, A. (1996). Colloqui di Dobbiaco, in E. Rabini & A. Sofri (ed.), Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995. Sellerio.
– Meadows, D. H., Meadows, D. L., Randers, J., & Behrens, W. W., III. (1972). The Limits to Growth, Universe Books (trad.it. I limiti dello sviluppo. Mondadori).
– Ostrom, E. (1990). Governing the Commons. Cambridge University Press.
– Raworth, K. (2017). Doughnut Economics: Seven Ways to Think Like a 21st-Century Economist, Random House.
– Ripple, W.J. et al. (…) (2021). World’s Scientists Warning of a Climate Emergency 2021, Bioscience.
– Scalia, M., Mattioli, G., et al. (2020). An Ecology and Economy Coupling Model.
A global stationary state model for a sustainable economy in the Hamiltonian formalism. Ecological Economics, 172.