Tra le figure più rappresentative del secolo scorso in campo imprenditoriale spicca quella di Akio Morita. Nato nel 1921 a Nagoya, in Giappone, da un’antica famiglia di produttori di sake, due anni dopo aver concluso gli studi in fisica, fondava insieme all’ingegnere Masaru Ibuka, la Tokyo Tsushin Kogyo K.K, una società di riparazione di apparecchi radio. L’azienda presto cominciò a produrre i propri sistemi, portando sul mercato nel 1950 i primi registratori magnetici. Cinque anni più tardi la TTK, mise in produzione la prima radio tascabile a transistor sotto il marchio Sony. Il resto della storia è da oltre mezzo secolo nelle tasche e nelle case di tutti.
Ho appreso per la prima volta della filosofia imprenditoriale di Morita dall’economista Piero Formica. Morita introdusse, in una famosa lezione tenuta alla Royal Society di Londra nel 1992 i tre fattori in grado di determinare il successo di un progetto imprenditoriale: la creatività nel design di prodotti e servizi, nel governo dei processi, nel marketing.
Piero Formica e Martin Curley, VP di Intel, nel loro lavoro sull’innovazione aperta (The Experimental Nature of New venture Creation, Springler 2013) hanno ulteriormente elaborato il pensiero di Morita nella formula E=MC3, dove E è l’energia “ken”, un termine che in giapponese vuol dire comprendere (come verbo) ed espansione della visione (come sostantivo), mentre M è la “massa” imprenditoriale, ossia la capacità di mobilitare ed orientare risorse che potenzia l’effetto dei tre fattori creativi.
La radio a transistor, il Walkman, la Playstation sono alcuni esempi di come la Sony sia stata capace di applicare coerentemente e con successo l’algoritmo imprenditoriale di Morita. Le imprese che dominano la scena attuale del sistema economico, hanno anch’esse, in un modo o nell’altro, implementato la formula di Morita, combinando innovazione di prodotto, nuovi modelli organizzativi e una formidabile capacità di comunicare, con la potenza economica resa disponibile dalla struttura del sistema finanziario globalizzato che ha, nel frattempo, fatto proprio il modello “schumpeteriano” della distruzione creatrice. Il fenomeno delle cosiddette scale-up ha prodotto una trasformazione profonda e irreversibile della società, su scala planetaria e in un tempo estremamente breve: è cambiato il nostro modo di accedere alle informazioni (Google), di acquistare (Amazon, Alibaba), di esprimere opinioni (Twitter e Facebook), di viaggiare (Booking.com, AirBnB). La pressione di questo modello su tutti i settori è crescente e si prospettano altri mutamenti radicali sostenuti da tecnologie divenute nel frattempo accessibili e pervasive (blockchain, machine learning, robotica, bioinformatica), incardinati in startup che adottano l’algoritmo di Morita per sviluppare la loro visione e il loro impatto globale.
Queste imprese appaiono quindi come le organizzazioni più capaci di rispondere ad un contesto economico e sociale di crescente complessità, anzi, per certi versi, lo promuovono e ne rappresentano una componente strutturale inscindibile.
Il grande successo del modello imprenditoriale esponenziale rende necessaria una specifica riflessione. Se, da una parte, le scale-up presentano, proprio per la loro natura non lineare, profili di rischio elevati in termini di impatto ambientale e sociale (basti pensare alla crescente preoccupazione per l’uso politico dei dati presenti sui social network, o all’impatto energetico del bitcoin mining), è evidente che il loro modello potrebbe rappresentare una strada efficace per lo sviluppo e la rapida diffusione di soluzioni in grado di riequilibrare la pressione antropica sugli ecosistemi.
In questa direzione si muove il crescente fenomeno della finanza etica, che potrebbe rappresentare l’elemento determinante per l’innesco di una energia “ken” rivolta alla soluzione dei problemi planetari, anziché prioritariamente alle regole del profitto. Una nuova massa di risorse (M) da fare incontrare con le capacità di generare eco-innovazione, governarla e comunicarla. Il rapporto sulla finanza d’impatto per i cambiamenti climatici, recentemente predisposto da AICCON per Climate KIC descrive una crescita esponenziale delle risorse disponibili che fa ben sperare. Ed emergono anche i primi esempi di imprese etiche esponenziali. The Ocean Cleanup è stata fondata dall’olandese Boyan Slat a soli 18 anni, dopo un’immersione in Grecia dove racconta di avere incontrato più rifiuti che pesci. Dopo soli 5 anni, l’impresa di Boyan ha completato un complesso programma di studi preliminari ed ha avviato la titanica operazione di raccolta della plastica dispersa nel Great Pacific Garbage Patch che promette di dimezzare nei prossimi cinque anni. Con una strategia complementare Dave Hakkens, olandese anche lui, ha lanciato nel 2013 Precious Plastic, un movimento open source per la progettazione e la realizzazione di workshop per il riciclo e la trasformazione di rifiuti plastici in oggetti utili, che oggi conta decine di siti distribuiti su tutti i continenti. Boyan e Dave hanno combinato i fattori di Morita in modo originale ed efficace, e così sta facendo una nuova generazione di imprenditori etici. Nei prossimi articoli ne racconteremo le storie.