Dal 2012 più del 50% degli abitanti del pianeta vive in aree urbane. Ora che la diffusione del virus è divenuta pandemia, è stato constatato in tutto il pianeta che, anche se con risposte variabili da paese a paese, ovunque essa abbia avuto effetti pesanti proprio nelle città e nei luoghi variamente urbanizzati dove l’unico mezzo di contenimento è il distanziamento sociale.
In molti luoghi, dalla Cina all’Europa alle Americhe, si è assistito alla fuga dalla città per la campagna (per lo più con aumento dei rischi, pressioni su luoghi non attrezzati e sulle locali catene alimentari, e modalità non razionali né opportune). Per ricongiungersi alla famiglia (ancora comunità preferenziale di affetti, rifugio e sicurezza) o andare verso le regioni meno abitate, gli spazi più naturali e rurali – con il ritorno ai poveri villaggi di agricoltori o pastori nei paesi del Sud Globale, o ai paesaggi frequentati, vissuti, considerati e conosciuti ormai solo per le vacanze, nei paesi ricchi.
Tutti parte, in forme inedite rispetto alle migrazioni dovute alle pressioni dei cambiamenti globali, della categoria di “rifugiati ambientali” (Egal and Forster, in Food for Cities, 2020), alla ricerca di ambienti più salubri in cui restare confinati. Intanto i governi hanno cercato di mantenere attivi i servizi e le filiere produttive essenziali, tra cui quella agro-alimentare con inevitabili e non poche incertezze e contraddizioni: si pensi al blocco iniziale del settore ortoflorovivaistico, a inizio primavera (!), a quello delle attività silvicole (che per natura sono le più distanziate di tutte), a quelle artigianali di riparazione e manutenzione delle macchine agricole, e al fermo delle attività non professionali, considerate non essenziali ma che riguardano milioni di persone nel nostro paese, con le filiere corte urbane e peri-urbane, il part-time, l’autoproduzione e le attività hobbistiche, che hanno notevoli riflessi positivi sulle produzioni in termini quantitativi e qualitativi. Le filiere locali sono rimaste schiacciate o si sono rapidamente adattate. La chiusura di mense e ristorazione ma anche dei mercati contadini ha avuto impatto sui piccoli agricoltori e sui consumatori in un momento di crescita della domanda di cibo locale e sostenibile, soprattutto fresco e magari biologico. Anche l’approvvigionamento, che ovunque avviene su gomma ed è condizionato dai servizi necessari connessi, ne ha risentito. Ma sono ancora gli agricoltori a sopportare le maggiori difficoltà. Con la crisi climatica e un ruolo sociale sempre più residuale per i produttori, anche i lavoratori stagionali, rappresentano un problema, già grave in tempi normali poiché i sistemi di raccolta e distribuzione fanno largo uso di manodopera periodica migrante, con drammatici risvolti sociali, conosciuti dalla cronaca ma ignorati dalle politiche.
D’altra parte, grazie alla miriade di processi avviati dal basso negli ultimi anni si vanno generando ovunque straordinari bagagli di esperienza e di innovazione, con l’accelerazione di processi virtuosi e pratiche promettenti che andrebbero e andranno sostenuti e ulteriormente diffusi perchè capaci di responsabilità sociale e ambientale e di recupero di valori comunitari e positivamente identitari. Si vedono ristoranti che ri-orientano l’attività verso le consegne a domicilio; assieme agli acquisti elettronici crescono anche la riscoperta della cucina in casa, con prodotti salubri e locali e una dieta che comincia a diminuire il consumo di carne; aumentano i progetti e il coinvolgimento di cittadini, enti, associazioni, istituzioni civili e religiose nei programmi di protezione sociale per le categorie svantaggiate e gli esclusi, sia per la raccolta che la distribuzione di cibo da privati e dalla grande distribuzione (favorendo anche processi di riduzione dello spreco abituale); si risveglia la coscienza dell’importanza e del valore del commercio di prossimità, da tempo promosso per le valli delle nostre montagne; si diffondono rapidamente nuove pratiche di acquisto solidale e comunitario e di produzione agricola diretta e collettiva, come le Comunità a Supporto dell’Agricoltura.
Data l’importanza del settore e l’ulteriore prova cui è costretto nell’emergenza attuale, chissà che questa situazione mai sperimentata prima non consenta nuove direzioni di sviluppo con una nuova consapevolezza delle istituzioni, dei consumatori e della società civile e dunque l’avvio di un nuovo rapporto città-campagna nel prepararsi per il dopo crisi? Forse si potrà finalmente raccontare e informare in modo organico sull’intollerabilità dei ribassi della GDO, sul giusto prezzo e sul lavoro schiavo; sulla deforestazione tropicale incorporata nei nostri prodotti alimentari di eccellenza, nella moda e nell’arredo; sull’espulsione delle comunità rurali e l’accaparramento delle terre per le colture da esportazione; sulla necessità e complementarietà dei lavorati migranti, sulla dignità e il riconoscimento sociale degli agricoltori (e in particolare dei piccoli, che ancora sono i produttori più importanti in termini quantitativi sul pianeta); sul profilo etico sotteso all’insostenibilità dell’abbandono dei paesaggi agrari delle nostre aree interne mentre divengono dominanti le produzioni di cibo-come-merce-e-non-bene-comune (in questo senso si potrebbe leggere anche l’appello della Ministra Bellanova di inserire il cibo in costituzione…), coltivato lontano e soggetto di speculazioni finanziarie, consumi idrici ed energetici impossibili da mantenere nel futuro, emissioni e rifiuti di plastica, pesticidi e fertilizzanti del modello agroindustriale per l’agricoltura commerciale; sulla continua erosione della biodiversità; sulle distorsioni delle politiche di sussidio e sui trattati commerciali quantomeno contraddittori; e infine sulla necessità di introdurre in tutte le forme di agricoltura maggiore conoscenza e innovazione per ettaro che aiutino a far tornare braccia e intelligenze imprenditoriali sulla terra.
Non solo in campo agronomico e agroalimentare, ma anche in campo civile e sociale il nostro paese si presenta dunque come un grande laboratorio a cielo aperto in cui sperimentare l’innovazione e coniugare cura del territorio e tradizioni alimentari eccellenti. La collaborazione concreta tra e il privato sociale e il settore pubblico, magari più attento che negli ultimi decenni ad un’economia per il benessere più che per il mercato a tutti i costi e per ogni cosa che facciamo nelle nostre giornate, è essenziale per le sfide di una vera transizione e conversione all’ecologia integrale che possano avviare la riconciliazione tra persone, comunità, lavoro, produzione, salute, casa comune.
E’ diffusa fortunatamente l’idea che questo periodo difficile possa essere un’occasione per ripensare alle cose importanti, per provare a capire meglio le sfide del nostro tempo e imparare alcune lezioni. In questa occasione, la ricerca si interroga sull’origine delle pandemie (con la deforestazione che sembrerebbe giocare un ruolo determinante), sulle modalità di diffusione del contagio (con inquinamento e urbanizzazione che possono esserne protagonisti), sul ritorno di presenze ed equilibri che avevamo dimenticato (selvatici in città e acque e aria più pulita), sul ruolo di alberi e foreste nella mitigazione della crisi climatica a livello globale e locale (l’appello ai 60ml di alberi delle Comunità Laudato Sì, sostenuto e promosso dal mondo scientifico forestale). E’ il momento in cui promuovere produzione di cibo responsabile e assicurazione della giustizia in agricoltura. Si potrà aiutare la transizione verso comunità e territori più equi e resilienti oltre che sostenibili, con uno sguardo responsabilmente globale, aiutando il mondo intero a recuperare nell’agricoltura la relazione tra terra ed essere umano che «è il volto autentico della casa comune, dove ecologia ed economia si abbracciano» (Bignami, 2018).
Bibliografia
Bignami B. (2019). Le sottrazioni alla terra. Land Grabbing e i conti che non tornano. In Stocchiero A., I padroni della terra, Rapporto sull’accaparramento della terra 2019, FOCSIV, Roma, pp.142,
Egal F. And Forster T., 2020. Urban-Rural Linkages in the time of
Covid19, Food for Cities, 4 aprile 2020,
Marchetti M., 2019. What sustainable agriculture are we waiting for? In: Abitare la Terra – Tra innovazione e generazioni. Etica per le professioni, n. 2-2019, pp. 27-35. ISBN 978-88-94868-51-7 | ISSN 1591-7649.
M. Marchetti, S. Panunzi, R. Pazzagli (a cura di), 2017 . “AREE INTERNE. Per una rinascita dei territori rurali e montani”, pp. 142. Rubbettino, Soveria Mannelli, 2017.